Palazzo D’Avalos, da Reggia a Carcere Borbonico: un viaggio nella storia della struttura di Terra Murata a Procida
Con la commissione del progetto a Benvenuto Tortelli e GiovanBattista Cavagna, nel 1563 iniziarono i lavori per la costruzione di Palazzo D’Avalos per volere del cardinale Innico D’Avalos, feudatario dell’isola di Procida. Egli inserì il progetto all’interno dell’opera di rifacimento del borgo antico di Terra Murata, che prese il nome attuale proprio dalle mura difensive che furono innalzate per proteggere la popolazione dagli attacchi dei pirati.
Visto dal mare, infatti, il palazzo appare come una fortezza inespugnabile, suddivisa su 4 livelli e realizzata in tufo e piperno, materiale vulcanico reperibile sull’isola. All’interno, invece, il palazzo si presentava come un’elegante residenza rinascimentale, come evidenziano gli elementi architettonici portanti, ancora visibili nonostante le trasformazioni successive. Nel 1734, quando i Borbone si insediarono sul trono di Napoli, scelsero Palazzo D’Avalos come residenza reale, inserendolo tra i siti allodiali della corona. Prima Carlo e poi Ferdinando di Borbone erano soliti recarsi a Procida per la caccia al fagiano e al coniglio, e questa consuetudine ebbe non poche conseguenze sulla vita isolana di quel periodo.
Ma la situazione politica cambiò dopo i moti del 1799 e la Rivoluzione Partenopea.
Palazzo D’Avalos, da Reggia, fu trasformato prima in scuola militare e poi, definitivamente, in bagno penale, dal 1830. La struttura originale del palazzo ha subito imponenti modifiche al fine di adattare gli spazi alla nuova funzione. I grandi portali furono murati, furono apposte grate a porte e finestre, aggiunti nuovi corpi di fabbrica, ridimensionati gli ampi saloni per creare celle e aree comuni. Nel carcere di Procida furono rinchiusi, in primis, detenuti politici durante il periodo borbonico e in seguito, tra gli altri detenuti comuni, alcuni gerarchi fascisti e ogni genere di criminale.
Il carcere è stato ampliato negli anni, con la costruzione di nuove aree esterne al palazzo. Un intero complesso fu realizzato per ospitare celle più piccole e attrezzate, così come altre strutture funzionali: il palazzo che ospitava le famiglie delle guardie, la villa del direttore, l’ospedaletto, lo spaccio, la lavanderia, gli opifici. Inoltre, il vasto tenimento agricolo, detto la schianata fu messo a coltura e al suo interno lavoravano i detenuti stessi.
Le celle di Palazzo D’Avalos hanno ospitato i detenuti fino agli anni ’70 per essere utilizzate successivamente come deposito per il materiale usato negli opifici. L’intero impianto carcerario è stato invece chiuso definitivamente nel 1988 e abbandonato per più di trent’anni.
a cura di Luigi Primario – Consigliere del Comune di Procida con delega alle politiche giovanili e rigenerazione urbana, e Antonio Carannante, Assessore con delega alla Riqualificazione di Palazzo D’Avalos
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