I borghi del Giro d’Italia 2021 – Tappa 19
Abbiategrasso – Alpe di Mera (Valsesia)
176 km
Il Giro d’Italia ritorna in Piemonte per omaggiare l’anniversario dell’Unità d’Italia con la prima capitale Torino. Ma oggi è la giornata di un altro tipo di omaggio che richiede un momento di raccoglimento, una corona di fiori bianca e rosa e un cambio di percorso. Il dovuto gesto di rispetto e di sensibilità è rivolto al ricordo delle vittime della tragedia sulla funivia del Mottarone, avvenuta domenica 23, alle loro famiglie e a una comunità in lutto. La corsa rosa è gioia, passione e vitalità, e non sarebbe stato opportuno portare questo carico chiassoso e scintillante in un luogo intriso di dolore e di lacrime per un lutto che non si è ancora avuto il tempo di metabolizzare.
Quindi, il Giro non passa più sulla montagna del Mottarone, designata GPM di categoria 1, ma fa una breve deviazione con un GPM di categoria 4 sull’Alpe Agogna.
La tappa di montagna parte da Abbiategrasso e passa il confine piemontese per addentrarsi nella provincia di Novara, dove al km 70.1 troviamo Orta San Giulio, borgo pittoresco reso famoso da scrittori e registi.
La sua storia è connessa al territorio del Lago d’Orta, frequentato fin dalla preistoria. La più antica citazione del nome Orta è in un atto di donazione del 29 luglio 962 dell’imperatore Ottone I il Grande verso i canonici dell’isola. Orta fu a capo della Riviera Superiore, una sorta di stato autonomo sotto la signoria episcopale della Riviera, costituitasi ufficialmente nel 1219 e che ebbe termine verso la fine del Settecento.
Il 15 giugno 1767 il vescovo Balbis Bertone trasferì il dominio della Riviera al re Carlo Emanuele III di Savoia. Sotto Napoleone la Riviera venne compresa nel Dipartimento dell’Agogna della Repubblica Cisalpina, a partire da settembre 1800. Con il Congresso di Vienna il vescovo di Novara riebbe per poco il territorio perduto, ma nel 1817 il cardinal Morozzo rinunciò alla Riviera in via definitiva a favore di Vittorio Emanuele I. Nel 1861 la Riviera entrò a far parte del Regno d’Italia.
Il cuore del centro storico è in piazza Motta dominata dal Palazzotto della Comunità o Broletto (1582), ex sede del potere legislativo della Riviera, come sottolineato dal dipinto sopra la porta Donna raffigurante la Giustizia con ai lati due angeli provvisti di spada e bilancia.
Sulla facciata a destra dell’ingresso troneggia lo stemma di Orta, accompagnato dalla scritta Hortus Conclusus per rimarcarne collocazione e autonomia, mentre gli stemmi di alcuni vescovi di Novara si trovano sempre sulle pareti esterne. Il palazzo si caratterizza anche per la presenza di meridiane, di cui due si trovano sulla facciata principale e tracce di una terza sulla parete ovest, sopra la scaletta d’accesso che collega il porticato alla sala del primo piano. Il quadrante sotto lo stemma del Comune è a ore francesi, non più decifrabili per la manomissione dello stilo, mentre gli altri due sono a ore italiche.
Posta sulla Salita della Motta si incontra casa Marangoni (ora Capuani), l’abitazione più antica di Orta che pare essere stata edificata alla fine del XIV secolo. Il portico ha colonne di granito che sostengono un architrave in legno con quattro finestrelle, per cui viene detta «casa dei Nani». Tre affreschi decorano la facciata: Annunciazione, Ascensione e Madonna col Bambino.
Situato alla sinistra della parrocchiale di Santa Maria Assunta palazzo Gemelli di epoca tardo rinascimentale è formato dall’unione di due fabbricati, di cui il maggiore destinato ad abitazione e il minore (più tardo) a locali di servizio, ed è dotato da un giardino all’italiana. Sulla facciata sono quasi completamente scomparse decorazioni con soggetti femminili, forse a rappresentare le quattro stagioni, e un fregio di amorini; altri abbellimenti sul cornicione, con ogni probabilità dei Fiamminghi, sono d’ispirazione mitologica e meglio conservati.
Poco distante si trova la chiesa di San Bernardino (XIV sec.), sul cui ingresso secondario riporta la scritta Collegium Clericorum s. Punii, traccia storica del piccolo collegio con portico e quattro celle costruito dai Barnabiti nel 1624. All’interno si trovano dieci affreschi sulla vita di Cristo, opera di Luca Rossetti, e altri dipinti dedicati all’ordine dei Trinitari. A sinistra della navata giace una pietra tombale su cui è inciso: Sepulcrum contrutrum venemndue confruternitus S. Martele – 1675.
Una particolarità al riguardo è stato il ritrovamento del 1939 (a circa 2 m di profondità) di una cinquantina di teschi disposti a raggiera con ossa di bacino e gambe convergenti al centro, probabile ossario destinato a posteriori ai precedenti membri della Confraternita dei Disciplinati.
Al centro del promontorio di Orta San Giulio compare il Sacro Monte, eretto nel periodo in cui i Sacri Monti fungevano da difesa contro l’invasione della religione luterana e a emulazione di quello di Varallo. Nel 1583, sulla selva di San Nicolao, vennero costruiti su progetto del padre cappuccino Cleto da Castelletto Ticino un convento e un insieme di 20 cappelle (in origine dovevano essere 36) sulla storia di San Francesco di Assisi che custodiscono ben 376 statue di terracotta a grandezza naturale. Su un arco dell’ingresso spicca la scritta qui in ordinate cappelle si vede la vita di San Francesco, se desideri saperlo, l’autore è l’amore.
La chiesa dei Santi Nicolao e Francesco costituisce il fulcro del complesso monumentale, detto «Assisi del Nord». Secondo una tradizione sarebbe stata fondata da monaci dipendenti dall’abbazia di San Gallo intorno al X secolo, e con il tempo sottoposta a numerose trasformazioni. All’interno custodisce un simulacro di legno (IX sec. ca) in stile bizantino, mentre le tele ai lati dell’altare maggiore e della balaustra sono del Cantalupi e rappresentano santi francescani. Degne di nota le pale d’altare sulle pareti laterali della chiesa, entrambe del 1640 circa: a destra, Vergine col Bambino e San Felice da Cantalcino del Busca; a sinistra, San Francesco che riceve dalle mani della Madonna il Bambin Gesù, del Rocca. Il pronao è del 1926.
Per la realizzazione del Sacro Monte vi operarono artisti affermati, come lo scultore Cristoforo Prestinari, i pittori Giovanni Battista e Giovanni Mauro della Rovere, il Morazzone. Dalla metà del Seicento, il percorso sacro venne rielaborato in chiave barocca, di cui l’artefice primario fu Dionigi Bussola, e verso la fine del secolo spettò al pittore Stefano Maria Legnarli introdurvi lo stile rococò. La neoclassica cappella Nuova chiuse i lavori a fine Settecento.
Con gli altri Sacri Monti di Piemonte e Lombardia, è dal 2003 patrimonio dell’umanità e dell’UNESCO.
La zona è una delle tre aree distinte comprese nelle Riserve Naturali Speciali (Sacro Monte di Orta, Monte Mesma e colle della Torre di Buccione), istituite dalla regione tra il 1980 ed il 1993.
Dal Sacro Monte si ha una splendida vista sull’isola di San Giulio. I suoi numeri sono: 275 m di lunghezza, 140 m di larghezza, 650 m di perimetro e 400 m di distanza dalla riva. Il Seminario occupa la maggior parte della superficie e la sua costruzione data l’inizio del 1844 sui resti dell’antico torrione del castello, dietro cui un tempo si eseguivano le condanne a morte su una spianata tagliata nella roccia. Il palazzo dei vescovi è vicino alla basilica e si dice sia sorto sulle rovine di quello dei duchi longobardi.
La basilica di San Giulio vanta una storia antichissima. Qui, San Giulio fondò la chiesa primitiva nel 390, e nell’800 venne ricostruita, divenendo nel X secolo «chiesa metropolitana di tutta la Riviera» e i suoi canonici erano conosciuti come «cappellani dei vari paesi rivieraschi». L’edificio venne compromesso dagli assedi nel corso del secolo e, nella seconda metà, portarono alla sua ricostruzione.
Si mantenne l’abside maggiore, e la chiesa venne strutturata a tre navate con due absidi minori e la facciata, mentre la cupola data gli ultimi anni del secolo successivo. Ai primi dell’XI secolo pare risalire il campanile a bifore e trifore in stile romanico lombardo che si erge dietro l’abside di sinistra. L’impianto della chiesa fu rimaneggiato dal Cinquecento al Settecento, e il campanile fu restaurato pesantemente nel 1941.
L’interno della basilica è decorato da affreschi di diverse epoche a partire dalla fine del 1300, realizzati da artisti di rilievo, quali gli allievi di Gaudenzio Ferrari e gli artisti della famiglia Gagnoli. Le pitture rappresentano una Madonna in trono con il Bambino (XVI secolo), l’Agnello di Dio, il tetramorfo, e numerosi santi.
Spostato dalla sua posizione originale secoli fa il pulpito in marmo nero d’Oira, datato alla fine dell’XI e inizi del XII secolo, viene considerato uno dei più alti esempi di scultura romanica. Le quattro colonne dell’ambone (diverse tra loro) sorreggono parapetti poggianti su una base decorata con foglie d’acanto che sono ornati da un susseguirsi di sculture ispirate alla simbologia cristiana, con le raffigurazioni degli evangelisti e una figura maschile che rappresenterebbe l’abate benedettino Guglielmo da Volpiano. Nella sacrestia, in mezzo alla volta, è appeso un grosso anello vertebrale fossile che la leggenda vuole appartenuto a uno dei draghi cacciati da San Giulio. Le spoglie del santo riposano nell’urna (1698) sotto l’altare maggiore della cripta, riedificata tra il 1697 e il 1710.
Sull’isola è presente anche il museo dell’Uniforme del Regio Esercito Italiano, costituito dalla collezione privata Aliberti-Riva. Si articola in una successione di manichini, attraverso scene ambientate, cimeli e ornamenti.
Prima di entrare nella penisola su cui sorge il Sacro Monte di Orta, e dove si trova il centro storico, s’incontra Villa Crespi, la cui costruzione iniziò nel 1880 su progetto di Angelo Colla e voluta dall’industriale Cristoforo Benigno Crespi. La residenza si differenzia per lo stile arabo e vi si innalza una torre a minareto. Il grande parco ospita essenze pregiate.
In frazione Legro è stato creato un museo del Cinema all’Aria Aperta, una serie di affreschi sui muri delle case per raccontare i film girati dal 1917 in poi sul lago d’Orta.
Spiccano tra i prodotti tipici gli amaretti del Sacro Monte, che riprendono la forma dell’altura, e le Roselline d’Orta, con impasto tipo ovis mollis con miele e fecola, e dalla forma a ruota dentata.
Orta San Giulio fa parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia ed è insignito della Bandiera arancione del Touring Club Italiano.
Si passa la provincia Verbano-Cusio-Ossola per entrare in quella di Vercelli e arrivare a un passo dall’arrivo di giornata. È il momento di approfondire la conoscenza di Scopello.
Al centro della Valgrande il borgo è attraversato dal fiume Sesia e si estende nella parte di valle conosciuta come «Valle più Verde d’Italia». È circondato dalle medie cime dei monti Camparient, Ometto, Castello, Ventolaro e Gavala, ed è noto anche per la stazione sciistica di Mera, tra le prime realizzate in Italia, da cui si gode un panorama suggestivo sul Monte Rosa e sull’intera vallata.
La prima menzione è del 1217 e in tempi più recenti è stato citato a causa del primo stabilimento in Italia sorto per la lavorazione dei metalli pregiati. La proposta venne fatta dal cavalier Nicolis di Robilant al re Carlo Emanuele III, ricevendone il benestare nel 1734.
Veniva fuso rame e oro di provenienza dalle miniere di Alagna, ferro dall’alta e bassa Valsesia e, più tardi, nichel dalla miniera di Sella Bassa. Le fonderie del Regno di Sardegna produssero nel successivo periodo dell’occupazione di Napoleone il materiale per la guerra franco-prussiana. La dominazione francese divise in due il territorio tra l’impero francese e la Repubblica Cisalpina, prendendo come riferimento il corso del fiume. Resta a testimonianza dell’attività passata la ciminiera alta 15 m, in regione Genziana, sopra all’abitato.
Di particolare interesse sono le chiese sparse sul territorio.
L’edificio sacro più antico è l’oratorio di San Bernardo (XIII sec.), in frazione Ordarino, anche se rimaneggiato più volte nel tempo e, in particolare all’inizio del XIX secolo quando l’apparato decorativo fu rinnovato in toto. Durante il restauro, terminato il 2019, è stato riportato alla luce un ciclo di affreschi di eccezionale valore.
Nel cilindro dell’abside di trovano: al centro, la Madonna in trono con il Bambino; a destra, San Bernardo, San Gottardo e San Secondo di Asti; a sinistra, le figure di Sant’Antonio Abate, San Giovanni Battista e San Sebastiano, alcuni indicati da iscrizioni. Sopra San Secondo è apparsa un’epigrafe con la dedicazione a san Bernardo da parte degli abitanti de Oro Quarini, forse il toponomastico antico della frazione, e una data interpretata come «1473». L’iscrizione termina con hoc opus. Inoltre, si è rinvenuta una Maiestas Domini con i simboli dei quattro Evangelisti, forse opera di Giovanni de Campo.
La chiesa della Madonna della Neve (XVI sec.) si trova all’Alpe di Mera ed è la più alta della Valsesia. La sua costruzione sarebbe dovuta per la richiestaalla Madonna di protezione dall’attacco dei lupi nell’alpeggio. All’interno conserva una tela dipinta (1585) che rappresenta una processione di scopellesi dedicata alla Vergine e, sull’altare maggiore, si trova un’ancora lignea scolpita e dipinta (XVII sec.) che incornicia la scultura della Vergine nera con il Bambino Gesù (fine XVI sec.). Ancora oggi è in uso, appena si scioglie la neve, fare una processione dall’Alpe Trogo all’Alpe di Mera con la statua della Madonna.
Nella parte alta e centrale del paese s’incontra la chiesa parrocchiale Beata Vergine Maria Assunta di origini cinquecentesche, ma ricostruita nel XVIII secolo. All’interno si trovano pregevoli opere di arte lignea, in particolare le statue: Vergine Assunta di Pier Celestino Gilardi, San Francesco Saverio e San Fabiano, le cui reliquie furono qui tumulate nel 1603. Si segnalano il coro in legno di noce e l’organo Mascioni (1925), racchiuso in cassa lignea di stile settecentesco e posto sulla tribuna sopra la porta principale. Il 15 Agosto, la statua della Madonna viene portata in processione lungo le vie del paese e le donne indossano il costume tradizionale.
All’esterno si trovano l’Ossario, con dipinti le anime purganti e alcuni motti, una cappella dedicata alla Vergine di Lourdes e le cappelline della via Crucis. Nel piazzale di fronte è visibile una colonna in marmo datata 1585 a testimoniare la presenza della chiesa primitiva.
I Puncettini di Scopello sono biscotti di farina di riso che richiamano il tipico pizzo Puncetto, eseguito dalle donne del paese dai tempi antichi. Un artigiano ne ha forgiato un prototipo in acciaio, da cui si è ottenuto uno stampo segretamente conservato.
Al traguardo di Alpe di Mera commuove un ultimo gesto di affetto e solidarietà verso l’unico sopravvissuto alla tragedia, il piccolo Eitan, salvato dal padre che gli ha fatto scudo con il suo corpo. Con il consenso unanime di tutte le parti i premi giornalieri della tappa vanno a lui.
Adriana Maria Soldini
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