I borghi del Giro d’Italia 2021 – Tappa 3
Biella – Canale
190 km
Le tappe in linea entrano nel vivo dopo la prima di ieri, quasi una passeggiata.
La terza è ancora in terra piemontese e ce n’è per tutti i gusti, ma è adatta ai guastatori di giornata. È metà piatta e metà mossa con tre GPM, uno di terza categoria e due di quarta. Lo strappo da 15% di pendenza a Guarene, la prima vera salita del Giro 104, porta in cimaa un traguardo volante. In più c’è l’incertezza legata alla pioggia.
Si parte da Biella ma noi ci fermiamo quasi subito, a 7.3 km dallo start, per visitare Salussola.
Attraversato dal torrente Elvo il borgo è situato ai confini occidentali della Pianura Padana e ai confini sud-orientali della Riserva della Bessa.
Fu centro dei Romani Victimuli che sfruttarono le vene aurifere della Bessa e di epoca romana è l’antica strada che attraversa il borgo alto; sono molte le testimonianze archeologiche a confermare il suo importante ruolo.
Il toponimo compare per la prima volta come Salutiolam in un Diploma dell’882 di Carlo III detto il Grosso a favore della chiesa vercellese. Dopo qualche anno, troviamo Saluciola nel primo Diploma di Ottone III del 7 maggio 999 a riconferma delle precedenti donazioni imperiali alla Chiesa di Vercelli insieme al Castellum Victimuli . E poi sarà Salizola nel Diploma imperiale di Enrico II del 1014 e Saluciolam cum suis pertinenciis, il 17 ottobre 1152, nel Diploma dei privilegi di Federico Barbarossa fece a fabore del vescovo di Vercelli Uguccione. Da quest’ultima data i documenti riportano l’appellativo di Salussola.
Dopo il 223 Salussola Monte venne scelto dai Romani per la sua posizione strategica sulla pianura a difesa del castrum victimuli, in quanto al suo interno si custodiva e si commerciava l’oro proveniente dalle aurifodine della Bessa.
La parte del paese intorno alla chiesa di San Nicola da Tolentino è costituita da fabbricati civili quattrocenteschi e cinquecenteschi a ridosso della strada principale, mentre in centro sono ancora visibili resti di costruzioni medievali inglobati in ricostruzioni successive presso piazza Vittorio Emanuele II, piazza Cesare Nani e via Quintino Sella. La zona restante, conosciuta come via Duca d’Aosta, si è ampliata tra il Seicento e il Settecento, come datano alcune abitazioni nobiliari presenti.
Il castello è sorto alle spalle del paese alla maggiore altitudine tra il 1374 e il 1375. Oggi rimangono dello splendore passato i ruderi di una torre angolare delle tre originarie, resti di mura e contrafforti, parti di un fossato. Non deve ingannare la presenza della vicina torre quadrata che è una ricostruzione del Novecento a imitazione dell’antico mastio.
In alcuni tratti della cerchia le mura erano doppie e, in altri, sostenute da possenti contrafforti lungo il pendio. La cinta muraria era dotata di due porte. Una terza è detta porta Cerrione o dei Mazzucchi ed era destinata alla riscossione dei pedaggi tra il Comune di Cerrione e quello di Salussola. In buone condizioni fino alla metà degli anni Sessanta è stata in seguito demolita con parte dei contrafforti inferiori delle mura per far posto alla nuova strada provinciale. Alcuni resti sono visibili sulla sinistra lungo La passeggiata Mazzucchi. Altra triste sorte ha incontrato la porta urbica superiore, distrutta nell’Ottocento, di cui resta un contrafforte di mattoni con tratti di muratura in ciottoli a spina di pesce. Dallo stile pare più vicino alla Porta Cerrione, forse dovuto a un restauro a cavallo tra Cinquecento e Seicento.
Miglior fortuna ha avuto la porta urbica inferiore, ristrutturata negli anni Settanta, che mostra pietre squadrate, ciottoli posti a spina di pesce, corsi orizzontali di mattoni, e in un caso la decorazione in mattoni (dentelli su mensole e dente di sega) è sormontata da tre merli guelfi che suggeriscono la sua costruzione per ordine del vescovo Fieschi. L’arco verso valle è sormontato da un altro arco di rinforzo, poggiante su mensole di pietra. I tre tipi di muratura attestati sulla porta potrebbero essere dovuti a tre fasi costruttive.
Il tratto di mura più lungo si trova sotto al castello, ma il meglio conservato è a ovest della porta inferiore. È realizzato in ciottoli a spina di pesce con corsi orizzontali di mattoni. Altre tracce della cinta muraria sono stati incorporati nei muri di terrazzamento della collina e ancora meno resta delle mura a est del borgo.
Invece è in ottimo stato di conservazione la casa torre dall’aspetto militare che si incontra in via Canonico Nicolò Salza. Si tratta di una massiccia torre quadrata, più alta degli edifici attigui, realizzata in mattoni con tratti di ciottoli a spina di pesce e intonacata per buona parte. In cima sporge con due gradini di mattoni e sotto la sommità presenta una cornice di mattoni a dentelli su mensole, sormontata da un corso a dente di sega. L’edificio non ha eguali nel Biellese medievale.
Agli estremi del territorio comunale con Roppolo, su un’altura boscosa della zona collinare, la torre di San Lorenzo è un rifacimento settecentesco sui resti di una torre medievale d’avvistamento, con origini più remote che portano ai Longobardi.
Il Comune di Salussola si fregia della presenza del Museo Laboratorio dell’Oro e della Pietra. È un laboratorio di informazione, formazione, lavoro, ricerca e sperimentazione, che intende favorire lo sviluppo di un turismo sostenibile. Il museo laboratorio nasce da una ricerca interdisciplinare dell’Università degli di Studi di Torino per la valorizzazione della Bassa Serra Biellese e della zona archeologica dell’antica Victimula, nella frazione di San Secondo. All’interno spicca la Sala dell’Oro, percorso storico nel mondo dell’oro con strumenti antichi e moderni per la sua lavorazione.
Il Laboratorio per la lavorazione dell’Oro è finalizzato all’apprendimento delle principali tecniche di lavorazione dell’oro sotto la guida di esperti. Nelle sale al primo piano sono esposte bilance e strumenti di misura rigenerati dal bilanciaio Giancarlo Lacchia.
La Sala dell’eccidio di Salussola ricorda la strage di venti partigiani uccisi nella notte dell’8 e l’alba del 9 marzo 1945. La Sala archeologica raccoglie le testimonianze della Bassa Serra Biellese, della valle di San Secondo, centro del pagus dei Victimuli, sede del Castrum Caesareum e della più antica «Pieve» del Biellese e la Pieve di Puliaco. La Sala della Strega testimonia il processo dell’Inquisizione che si svolse a Salussola, presso la Chiesa dei SS. Gervasio e Protasio, ai danni di Giovanna de Monduro. La donna fu accusata di essere una strega, portatrice di disgrazie e di morte, dalle sue vicine di casa e addirittura dalle sue parenti strette. Venne torturata, condannata al rogo e giustiziata nel suo comune d’origine, Miagliano, il 17 agosto 1471. Il museo possiede anche un erbario realizzato dai bambini della Scuola Media Don F. Cabrio di Salussola, durante laboratorio di botanica nell’anno scolastico 1998/1999.
Riprendiamo il nostro viaggio ed entriamo nella provincia di Vercelli per raggiungere Livorno Ferraris.
È un piccolo borgo immerso nelle risaie che però vanta sul territorio comunale ben 21 chiese, almeno 11 palazzi storici, e 4 musei.
La storia lo lega con un filo rosso a Salussola per l’attestazione sul diploma di Ottone III, datato 7 maggio 999, che confiscò le terre di Arduino e dei suoi alleati, tra cui Aimino e Goslino di Livorno, per donarle al vescovo di Vercelli Leone I.
Nel 1925 il suo toponimo ha avuto l’aggiunta di «Ferraris» in omaggio allo scienziato Galileo Ferraris, inventore del campo magnetico rotante e del primo motore elettrico a corrente alternata, che qui nacque il 30 ottobre 1847. Ma è da ricordare anche il fratello maggiore Adamo, nato il 30 giugno 1838, che fu medico personale di Garibaldi e martire garibaldino.
Ai due fratelli è dedicato il Museo Sacrario “Galileo e Adamo Ferraris” al piano terra di Palazzo Ferraris (XVI-XIX-XX sec.), casa natale di entrambi, che è oggi anche sede del Consiglio Comunale, della Biblioteca Civica e dell’Archivio Storico.
Non solo il museo, perché nella piazza intitolata a Galileo Ferraris troneggia il monumento a Galileo Ferraris (1902) di Ildebrando Bastiani.
Altri musei sono: il Museo archeologico del vercellese occidentale – M.A.V.O, di cui il nucleo del nuovo allestimento è incentrato sulla necropoli di età romana scoperta in un’area estesa a circa 2 km a nord del centro abitato; il Museo della moto “Giuseppe Colnago”, che conserva i motocicli e ciclomotori del passato e alcuni trofei e oggetti appartenuti a Giuseppe Colnago, a cui l’esposizione è dedicata, che è stato un apprezzato pilota di Gilera e Moto Guzzi degli anni Cinquanta.
Ma è presente sul territorio anche l’Ecomuseo della Coltura del Riso, nato per testimoniare e valorizzare la memoria storica, e la conservazione della cultura livornese, soprattutto a favore delle nuove generazioni. Il museo ha sede alla Tenuta Colombara, nella zona denominata delle «Grange». In un elenco di edifici del 1595 è indicata come residenza principesca, e risulta ampliata e rimaneggiata più volte nei secoli successivi. Si realizzarono le aie, il dormitorio delle mondine, l’essicatoio e altri magazzini per il risone. Il primo proprietario fu il Marchese di Pianezza a partire dal 1600, a cui ne seguirono altri per arrivare alla famiglia Rondolino dal 1934. A partire dal 2004 alcuni spazi sono stati utilizzati per mettere in opera la ricostruzione storica di ambienti di vita contadina, mentre in un altro locale è stata portata e ricostruita la bottega del fabbro Elio Mattea. Sono presenti arredamenti della cucina e della camera da letto, laboratori del maniscalco e del margaio, la scuola, macchine e carri agricoli.
Anche nel dormitorio delle mondine si è voluto ricreare l’aspetto di un tempo. All’interno della tenuta si può visitare anche la nuova e moderna Riseria, in cui si è ricostruita la filiera completa del riso ecologico: coltivazione, trasformazione e confezionamento (Riso Acquerello).
Tra i numerosi edifici sacri desta particolare attenzione la chiesa Santa Maria d’Isana (inizio XIII sec.), l’unica chiesa templare del vercellese e santuario di grande devozione che si trova alla Tenuta Isana. È dedicata alla Vergine Maria Assunta in cielo che si festeggia ogni 15 agosto con una processione votiva a piedi indetta nel 1628 dalla Confraternita dedicata ai Santi Apostoli per ringraziarla d’aver allontanato la peste. Si presume che la costruzione sia avvenuta su preesistenze e che rimonti alla metà del XII secolo a cura dell’ordine dei Templari che qui avevano installato una mansio, citata per la prima volta in un documento del 1208, per la posizione strategica sull’antica via medievale Liburnasca.
Orientata est-ovest la struttura presenta una facciata a capanna con mattoni disposti a spina di pesce, come sui lati sud e nord, e pietra alternata a laterizi nelle strutture angolari. Vi compare un’elegante bifora, sopra la quale un motivo ad archetti ciechi incornicia il timpano per poi proseguire sul lato meridionale. In cima al campanile e sulla cuspide del tetto della facciata ovest spicca la croce a coda di rondine dei Templari, detta «delle otto beatitudini». Sul lato sud appare una meridiana ad ore francesi, astronomiche. L’interno è a navata unica con due volte a vela, e un’alta cancellata in ferro battuto divide la parte dei fedeli da quella dell’officiante. Il rigagnolo di una sorgente scorre sotto il pavimento per tutta la lunghezza della struttura.
Una curiosità riguarda Palazzo Chiablese (XVIII sec.) di Castell’Apertole, una residenza di caccia dei Savoia frequentata dalla Regina Margherita e da Re Carlo Felice che non disdegnava di ospitarvi le sue amanti. È stata trasformata in struttura alberghiera.
Si riparte per una breve incursione di nuovo in provincia di Torino, e poi il tour delle province piemontesi passa da quelle di Asti e Cuneo per tagliare il traguardo a Canale.
Adriana Maria Soldini
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