I borghi del Giro d'ItaliaL'Italia dei borghi

I borghi del Giro d’Italia 2021 – Tappa 2

Stupinigi (Nichelino) – Novara
179 km

 

Dopo la crono che ieri ha inaugurato il Giro 104 oggi si parte con la prima tappa in linea, e anche noi restiamo fedeli al percorso tracciato.

La tappa 2 è per velocisti, ma fa eccezione a metà strada il GPM di quarta categoria a Montechiaro d’Asti.

Si parte dalla Palazzina di Caccia di Stupinigi, gioiello del barocco piemontese e nato per il loisir della corte sabauda. Seguiamo i ciclisti attraverso la provincia di Torino, per poi passare in quella di Cuneo e ritornare per una quarantina di chilometri nella provincia del capoluogo fino a fermarci al primo comune dell’astigiano.

A quasi 80 km dalla partenza e a 246 m slm il borgo di Castelnuovo Don Bosco è adagiato su «Terra di Vini e di Santi». Sulle colline le viti producono vini DOC Freisa d’Asti e Malvasia di Castelnuovo don Bosco. La santità le ha attraversate dando i natali a San Giovanni Bosco, San Giuseppe Cafasso, il Beato Giuseppe Allamano, il cardinale Giovanni Cagliero,  e ha accolto l’anima di San Domenico Savio, in frazione Mondonio.

La prima parte del toponimo richiama gli echi della fondazione di un castello in posizione strategica e le sue origini si spingono indietro nel tempo fino all’anno 1000. Domina ancora sul centro storico la torre che resta della fortezza medievale dei Rivalba di Castelnuovo, a cui queste terre appartennero fino alla seconda metà del 1300.

È il sacro a fare da protagonista come suggerisce la seconda parte del toponimo dedicata a San Giovanni Bosco, fondatore dell’Opera Salesiana, e che ha «battezzato» anche il nome del colle dove è nato e da cui è partito per la sua missione.

Sul Colle Don Bosco il santo è nato nella cascina Biglione, dove il padre era mezzadro, in borgata Becchi, nella frazione Morialdo. Qui è sorto il complesso dell’Istituto Salesiano, con la chiesetta di Santa Maria Ausiliatrice, il Tempio di Don Bosco, il Museo etnografico e delle Missioni salesiane nel mondo e il Museo della vita contadina dell’Ottocento.

Vi troviamo la Casetta del santo, l’abitazione dove si trasferì a due anni dopo la morte del padre, composta da: al pian terreno, stalla e stanzetta-cucina; al piano superiore, la cameretta della mamma e della nonna e la stanzetta del sogno fatto tra i nove e i dieci anni che ha segnato il suo percorso di fede dedicata ai giovani.

Nella visione onirica «il Santo sognatore», com’è anche conosciuto, vede il prato a ovest dove ora un pilone ricorda l’evento e dove posa lo sguardo l’occhio materno dell’opera in bronzo di Enrico Manfrini (1992) che raffigura Mamma Margherita. Il piccolo edificio poggia su una struttura che ospita antiche foto della collina e richiama i valori educativi della madre Margherita, documentando la vita umile della sua famiglia e del mondo rurale del passato.

Un curioso monumento è dedicato a Giovannino Giocoliere che lo ricorda su questi prati come giovanissimo animatore dedito alla giocoleria e all’arte del saltimbanco.

Procedendo verso la casa di Domenico Savio dalla casetta si percorre la via biblica giovanile, un itinerario arricchito da 14 piloni che raccontano le vite di giovani personaggi della Bibbia.

La casa a due piani del fratello Giuseppe è di fronte alla casetta di Giovanni. In autunno i ragazzi dell’Oratorio passavano alcuni giorni di vacanza dormendo nel granaio e nel fienile. Possiede una meridiana con la scritta

Afflictis lentae – celeres gaudentibus horae
Le ore passano lente per coloro che sono tristi, velocemente per chi è nella gioia.

Accanto alla casa di Giuseppe si trova il Museo della Civiltà Contadina che testimonia con oggetti e fotografie la vita della famiglia contadina dell’Ottocento sulla collina monferrina, e in genere piemontese. Invece, il Museo etnografico e delle Missioni salesiane nel mondo contiene vetrine dove sono in mostra reperti significativi della vita materiale, familiare, lavorativa, religiosa e sociale dei paesi visitati dai missionari.

Spicca la grande croce del «Colle delle beatitudini giovanili», come è stato definito da papa Giovanni Paolo II durante la sua visita nel 1988, che ricorda l’ultimo sogno missionario avuto da Don Bosco nella notte tra il 9 e il 10 aprile 1886 a Barcellona.

L’edificio principale di tutto il complesso è la basilica di Don Bosco che risulta dall’unione di due chiese sovrapposte. La prima pietra è stata posta l’11 giugno 1961, e l’apertura al culto della chiesa inferiore è stata nel 1965, con 700 posti.

Questa chiesa è il primo luogo al mondo che mostra ai pellegrini una Via Lucis in sculture, un itinerario di devozione pasquale in cui si ricordano e si celebrano gli eventi della vita di Cristo.

Ma ci sono tanti altri luoghi sacri sul territorio. Alcuni hanno a che fare direttamente con il santo, per esempio la parrocchiale di Sant’Andrea dove fece battesimo e comunione, come anche San Giuseppe Cafasso e il Beato Allamano.

Numerose e pregevoli sono le chiese romaniche: Santa Maria di Cornareto e Santa Maria in Raseto, in cima a colline, e, all’entrata del paese, l’antica parrocchiale di Sant’Eusebio.

Ripartiamo, e dopo 30 km si entra in provincia di Alessandria con Murisengo, nel Basso Monferrato ai confini della Valcerrina e a ridosso dello Stura.

Il comune si estende in prevalenza su area boschiva e su campi coltivati che si alternano a vigneti, mentre sul promontorio centrale si erge in modo scenografico l’antico borgo su cui svetta la torre cinquecentesca del castello, una struttura originale quasi un unicum in zona per datazione e caratteri tipologici. È provvista di una serie di beccatelli in pietra molto aggettanti dal tronco, che paiono creare una corona e poggia su un basamento più antico in pietra dove venne innestata la sopraelevazione in cotto.

Il castello di Murisengo è una fortificazione medioevale del 1164, che fu residenza di Federico Barbarossa, Silvio Pellico e Vittorio Emanuele III. Ristrutturato e fortemente manipolato tra il Seicento e Ottocento, ha soffitti a cassettone, pareti in pietra e tufo, affreschi e le pavimentazioni in cotto e legno. Con la Consulenza della Soprintendenza l’attuale proprietario, ha operato una ristrutturazione radicale, recuperando la parte disabitata in rovina.

Altra torre di pregio è la torre romanica di San Pietro della chiesa omonima, ora scomparsa. La sua muratura è composta da grossi conci di arenaria, mentre il finaco meridionale combaciante in origine alla chiesa primitiva ne presenta di piccole dimensioni. Il secondo piano è decorato con archetti pensili monolitici, semicolonne dotate di capitello, piccoli protomi animali e rilievi zoomorfi. Le semicolonne centrali e la decorazione plastica degli archetti suggeriscono la sua origine tra il primo e il secondo quarto del XII secolo. Attualmente è accessibile e costituisce un gradevole punto panoramico.

Ai suoi piedi sorge su una cava di gesso dismessa l’anfiteatro, realizzato nel 2003, che costituisce uno degli angoli più incantevoli della Valcerrina, da cui erompono forme di faraglioni di gesso che sembrano sculture.

Il progetto della cava di gesso di Murisengo nasce nel 2012 per comprovare la sostenibilità di un’attività estrattiva, che consente una fruibilità sociale successiva rappresentata dalle «camere» sotterranei. E a 90 m di profondità è stato istituito un museo sotterraneo che illustra i processi produttivi e le fasi di lavorazione del gesso, con il supporto di materiale visivo e multimediale interattivo di grande impatto.

Nelle vicinanze di Murisengo sgorga la Pirenta, fontana d’acqua solforosa dalle virtù terapeutiche, ma l’oro di Murisengo è il tartufo per cui si tiene la prestigiosa Fiera Nazionale della Trifola d’or di Murisengo, che dal 1967 con l’esposizione lungo la via principale di Tuber Magnatum Pico e dei Tuber Melanosporum fa confluire in paese migliaia di visitatori, ma che fonda le radici nell’antica tradizione del 1530 con la Fiera di S. Martino.

A Murisengo nacque nel 1859 Luigi Lavazza, fondatore della dinastia d’industriali del caffè e fondatore dell’azienda che ne porta il cognome.

L’itinerario di tappa prevede l’incursione nella provincia di Vercelli per poi concludere la gara a Novara.

Adriana Maria Soldini

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